lunedì 30 settembre 2013

Intelligenza emotiva

“Ecco il mio segreto.

E’ molto semplice: non si vede bene

che col cuore.

L’essenziale è invisibile agli occhi.”

A. de Saint-Exupéry


“Se presteremo attenzione in modo più sistematico all’intelligenza emotiva potremo sperare in un futuro più sereno.”1 Come? Imparando a governare e guidare le nostre emozioni, ricercando realizzazioni piuttosto che appagamenti immediati, esercitando l’autocontrollo, l’empatia, l’attenzione agli altri, apprendendo ed insegnando.
Le emozioni rivestono un ruolo fondamentale nella nostra razionalità, motivando le nostre decisioni, consentendo oppure ostacolando il nostro pensiero logico. Si può dire che in noi coesistono due menti, due diversi tipi di “cervelli”, uno emozionale e l’altro razionale, dai quali dipendono i nostri comportamenti e le nostre scelte. E’ necessario quindi ricercare un equilibrio che permetta di sviluppare entrambe queste menti, in armonia tra loro, per riuscire a realizzare appieno le potenzialità di ognuna, quindi le nostre potenzialità.
Nella definizione dell’intelligenza emotiva Salovey e Mayer2 includono le intelligenze personali di Gardner (1986, capacità di distinguere e di rispondere appropriatamente agli stati d’animo, al temperamento, alle motivazioni ed ai desideri altrui) estendendole a cinque ambiti principali: conoscenza delle proprie emozioni (autoconsapevolezza), controllo delle emozioni (controllo di sé), motivazione di sé stessi (realizzazione), riconoscimento delle emozioni altrui (empatia), gestione delle relazioni (competenze sociali).
Salovey e Mayer, nel descrivere queste cinque aree, sottolineano come i vari livelli di competenza in ognuno degli ambiti possano essere differenti nel singolo e che eventuali carenze nelle capacità emozionali possono essere corrette e/o sviluppate.
Da questi studi sono nati recentemente diversi corsi, dalla “Scienza del Sé” alle “Abilità di vita”, dall’ ”Apprendimento sociale ed emozionale” alle “Intelligenze personali”, che hanno l’obiettivo comune di sviluppare il livello della competenza sociale ed emozionale nei bambini e ragazzi come parte della loro regolare istruzione.
Il programma in particolare che si pone come modello per l’insegnamento (negli USA e in Francia in particolare) dell’intelligenza emotiva è la “Scienza del Sé”, applicato ormai da vent’anni ed elaborato da K.Stone McCown (1988). I suoi punti fondamentali si rifanno agli studi di Gardner, alla definizione ed alle descrizioni degli ambiti di Salovey e Mayer. “I contenuti dell’insegnamento comprendono: l’autoconsapevolezza, ossia la capacità di riconoscere i sentimenti e di costruire un vocabolario per la loro verbalizzazione; cogliere i nessi tra pensieri, sentimenti e reazioni; sapere se si sta prendendo una decisione in base a riflessioni o a sentimenti; prevedere le conseguenze di scelte alternative; applicare queste conoscenze a decisioni su diversi temi”3(come, nel caso di adolescenti, droghe, sesso, fumo,…).
Tre elementi vengono approcciati con estrema attenzione: la capacità di controllare le emozioni (capire cosa c’è dietro un’emozione ed assunzione di responsabilità), l’empatia (capacità di assumere l’altrui punto di vista), i rapporti interpersonali (saper ascoltare e porre domande, saper distinguere tra dire-fare-reazioni-giudizi, sicurezza di sé, competenze collaborative e di problem solving).
Questi studi e questi corsi ci aiutano oggi a esplicitare obiettivi già presenti nei nostri programmi e ci guidano in una nuova più consapevole progettazione, anche nella Scuola dell’Infanzia. La scuola è un luogo che permette di coinvolgere ogni bambino per fornirgli la possibilità di lezioni fondamentali per la sua formazione e la sua vita: sta agli insegnanti prepararsi e garantire lo sviluppo dell’intelligenza emotiva. Già il modo in cui un insegnante gestisce una classe è un modello di competenza o incompetenza emotiva.
Oltre alla formazione dei docenti e ad una progettazione adeguata è necessario una stretta collaborazione e coordinazione con le famiglie, non solo per integrare ciò che viene insegnato a scuola, ma anche per migliorare la qualità della vita e della comunicazione emotiva in famiglia e nella comunità.

Francesca Dal Ben



1 D. Goleman, Intelligenza Emotiva, BUR, 1999 – ultima edizione febbraio 2007.
2 Salovey e Mayer, Emotional Intelligence, pubblicato su Imagination, Cognition and Personality, 9, 1990, pp 185-211.

3 Goleman D., Intelligenza emotiva, BUR, 1999 – ultima edizione febbraio 2007.

Lessico psicologico e storie

Parlare della mente in astratto è un’abilità complessa e si rendono quindi necessarie delle attività di mediazione in grado di guidare il passaggio dal piano esterno, azioni e reazioni, al piano interno: credenze, desideri, emozioni, percezioni. Molte ricerche, prime fra tutte quelle di Bruner (1986; 1991), testimoniano come una delle attività più efficaci in tal senso sia il racconto o la lettura di storie. 
La duplicità di scenario tipica di ogni narrativa: “lo scenario dell’azione” (i fatti, gli eventi) e “lo scenario della coscienza” (le reazioni interne) costituisce infatti un punto di vista privilegiato da cui esplorare le dinamiche interne e le loro manifestazioni. Attraverso i personaggi e gli eventi delle storie, il bambino impara a conoscere come funziona il mondo degli uomini e quello delle cose, a riconoscere le emozioni e a nominarle, comprende gli stati della mente (credere, desiderare, dubitare) e si serve delle parole delle storie per parlare dei suoi pensieri e degli stati d’animo. In altri termini, i racconti innescano un processo di identificazione empatica  che assolve una funzione vicaria, per la quale il bambino “usa” la mente e l’emotività dei personaggi come “specchio” per intravedere i propri processi cognitivi ed emotivi e sviluppare una certa familiarità con la mente dell’altro.
Gli studi hanno anche dimostrato però che non è sufficiente il racconto in sé a promuovere la consapevolezza degli stati interni propri ed altrui, quanto piuttosto i discorsi che si animano intorno al racconto, stimolandone la rielaborazione riflessiva. Si tratta di quel “dialogo metacognitivo” con cui l’adulto rende “leggibile” e “intelligibile” agli occhi del bambino il rapporto tra i due scenari, ossia tra eventi della storia e reazioni interne dei personaggi. Lo scambio dialogico non consiste di sole domande e risposte, ma implica la “risposta partecipativa” dell’adulto; questa consiste in una modalità di interazione con il piccolo basata su strategie di riconoscimento e apprezzamento dei suoi progressi, di supporto nella costruzione delle risposte, di esplorazione collaborativa degli stati della mente. La “risposta partecipativa” comprende un insieme di strategie in grado di dotare il formato interattivo del racconto di quella tonalità metacognitiva e, insieme, affettivo-emotiva che gratifica l’impegno conoscitivo del bambino e che rende la narrazione un’attività attesa e desiderata.1
La narrazione offre un’eccezionale possibilità di far emergere la consapevolezza degli stati mentali dei bambini e la loro capacità di descriverli, comprenderli, metterli in relazione con sé stessi e gli altri. Con riferimento alla prospettiva bruneriana, si distinguono all’interno della trama due aspetti: quello dell’azione (landscape of action), cioè lo svolgersi degli eventi, e quello della consapevolezza (landscape of consciousness), ossia l’aspetto metarappresentazionale relativo agli stati interni dei personaggi. Da questa prospettiva nascono diverse metodologie e procedure che fanno della storia uno strumento, un mezzo per analizzare da un lato e sviluppare dall’altro la consapevolezza degli stati mentali nei bambini e l’evoluzione, la crescita della padronanza del lessico psicologico. Tali metodologie si basano sul co-costruire storie con una coppia adulto-bambino o bambino-bambino (o gruppo classe), sul completamento di una storia dato un incipit, sull’inventare o ricostruire storie basandosi su immagini, illustrazioni, fotografie, sul raccontare storie ed approfondirle con attività correlate.
Per la prima grande area di queste metodologie, dove il bambino è chiamato a completare, inventare, commentare una strategia efficace è quella dell’utilizzo di libri illustrati, spesso privi di parole, come ad esempio “Frog, Where are you?”2 (Rana, dove sei?) in cui sono illustrate le avventure di un bambino e del suo cane alla ricerca della loro rana, andata perduta. La storia qui citata è stata impiegata con successo in diversi studi sulla competenza narrativa e linguistica ( Cameron e Wang 1999; Losh 2001; Reilly, Bates e Marchman 1998; Reilly, Klima e Bellugi 1990; Reilly 2004) ed introdotta nella ricerca sulla narrazione degli stati psicologici condotta da Baumgartner e Devescovi (2001).
La seconda area invece si basa sul racconto di una storia da parte di un adulto e su delle attività costruite in relazione agli stati interni dei personaggi: lo Story Telling consiste per l’appunto nella lettura di storie effettuata da un adulto a dei bambini, integrata dall’animazione attraverso diverse tecniche, prima, durante e dopo la narrazione. 
Utilizzare una storia per avvicinarsi al mondo interiore del bambino è un metodo rispettoso, efficace, delicato e meno invasivo rispetto a domande dirette, che potrebbero essere fraintese, non comprese e potrebbero dar luogo a reazioni di chiusura. Le immagini cariche di significati che emergono dalla narrazione attirano al loro interno il bambino, gli permettono di identificarsi, imparando a conoscere meglio le emozioni e le situazioni in cui si situano attraverso dapprima gli occhi, il corpo, il pensiero di un personaggio e quindi di fare proprie queste nuove conoscenze. Il bambino impara così un nuovo lessico, adeguato a descrivere ciò che prova, che gli permette di sviluppare piano piano quella competenza lessicale e simbolica necessaria affinché la parola diventi immagine-metafora dell’emozione e strumento di comunicazione e gestione dell’emozione stessa.

Francesca Dal Ben



1 Polato E. Cisotto L. “I sottomarini lo sanno”. Racconti dialogati alla scoperta della mente, Tesi di Laurea, Facoltà di Scienze della Formazione, Università di Padova, 2005
2 Mayer M., Frog, Where are you?, New York 1969, Dial Press.

Filastrocca del Capriccio

Filastrocca del capriccio
se t'arrabbi non m'impiccio!
Batti i piedi, stringi i denti,
gridi un sacco e non ci senti,
chiudi i pugni, li agiti forte,
corri via e sbatti le porte!
Stringi gli occhi con sguardo di fuoco
e non ti calmi neanche un poco!
Per fortuna mamma e papà
ci son sempre, rimangono qua!
Ai tuoi capricci dicono NO..

...e poi ti abbracciano un po'!

sabato 28 settembre 2013

Le persone

C'era una volta una bambina a cui piaceva guardare le persone.
Le guardava chiudendo un occhio...o chiudendo l'altro.

Le guardava con gli occhi spalancati...o con gli occhi quasi chiusi.

Le guardava diritte davanti...o diritte dietro.

Le guardava mentre sorrideva...e mentre faceva la linguaccia.

Le guardava quando era triste...e quando era allegra.

E più le guardava più capiva che ogni persona era diversa dalle altre...ma erano anche tutte uguali!

Avevano tutte il naso, la bocca, le ciglia, le orecchie, la pancia...

Avevano tutte un gusto preferito di gelato...ed un colore preferito..

Avevano tutti un'espressione felice e una triste..


E avevano tutte delle persone a cui voler bene vicino a loro...proprio come lei!

OGGI SONO ARRABBIATO!


Questa mattina Luca si è alzato di cattivo umore.
Non ha voglia di lavarsi, non ha voglia di vestirsi, non ha voglia di far colazione!
Incrocia le braccia, pesta i piedi per terra, è arrabbiato con tutti e con tutto! Anche con la mamma!

Quando arriva a scuola è ancora più nervoso e non saluta nessuno. prende il cesto delle costruzioni e lo rovescia per terra..."Ma che fai!? Che confusione!" gli dice Lucia, seduta lì vicino a disegnare.
Luca la guarda stringendo gli occhi e...PUM! Tira un gran calcio alla sedia di Lucia!

La Maestra chiama Luca in disparte " Che succede oggi?" gli domanda, ma Luca non riesce a rispondere: la sua bocca è troppo arrabbiata!
La Maestra osserva bene il viso di Luca: le labbra chiuse hanno gli angoli piegati in giù, gli occhi sono un pò socchiusi e lo sguardo è di fuoco, la fronte è tutta aggrottata e persino le sopracciglia sono arrabbiate!

"Dove senti la rabbia Luca? Nella pancia? Nella testa?" gli domanda la Maestra. Luca ha una gran voglia di tirare calci e strappare dei fogli...così mostra le mani chiuse alla Maestra e poi alza i piedi uno alla volta.
"Allora, Luca" gli dice seria la Maestra " Lascia la porta della classe aperta e qui fuori nella sala comune corri...corri e corri finchè i tuoi piedi arrabbiati non si saranno stancati di correre! Poi torna qui da me."
Luca parte come un razzo e corre veloce, velocissimo, tutto intorno alla sala. I suoi piedi arrabbiati sono velocissimi!

Dopo dieci, undici giri di corsa i suoi piedi rallentano e si fermano davanti alla porta della classe.
Con il fiatone Luca entra e vede sulle tavole diversi sacchettini...
"Ecco il nostro impastatore!" dice la Maestra mentre arrotola le maniche di Luca " Venite tutti qui ai tavoli, facciamo la pasta di sale! Un pò di farina, un pò di sale...aggiungiamo l'acqua e...forza Luca, impasta gli ingredienti con le tue mani piene di energia!"
Luca tuffa le mani nella ciotola ed inizia a stringere, pasticciare, mescolare con le dita. Poi tira, prende a pugni l'impasto, lo gira e lo rigira...finchè non si forma una bella palla di pasta! La rompe in tanti pezzetti e ne da uno a ciascun compagno. Tutti si mettono subito all'opera, anche Luca: fiori, casette, robot, pizze, vasetti, serpenti...


"Come stanno i tuoi piedi e le tue mani Luca?" domanda la Maestra. Luca guarda sotto la sedia, sorpreso: i suoi piedi sono calmi e tranquilli per terra! E le sue mani vogliono solo creare gli spaghetti! " Non sono più arrabbiati! Ora stanno bene!"

venerdì 27 settembre 2013

Girotondo del mattino

Girotondo del mattino
sole sveglia il mio bambino!
Acqua calda e spazzolino
pantaloni e....un sol calzino!
Dov'è andato il piccolino?
Sotto al letto, birichino!



Girotondo a colazione
lascia spenta la televisione!
Mamma canta una canzone
di un magico gattone
che viveva in un furgone
con due tigri ed un bottone....



Girotondo sulla via
presto! E' tardi, mamma mia!
Monta in bici per cortesia
dobbiam fare una magia!
Con un pò di fantasia
siamo già alla scuola mia!



Girotondo del mattino
siamo a scuola, nel giardino,
bici a posto, tutte vicino
e salgo già sullo scalino!
Mando a mamma un bacino....
ma che bello il mio mattino!